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  • Cos’è e come funziona il Programmatic Advertising

    La proiezione per il 2017 del mercato dell’advertising digitale in Italia è del 30% del totale degli investimenti in pubblicità. Il 57% dell’adv digitale è legato ad annunci display (banner, video, ecc.), mentre il 43% ad altre tipologie (annunci di testo, per esempio). Tra gli annunci display circa il 20% sarà legato al Programmatic Advertising (30% private marketplace; 75% open marketplace).

    Nel 2016 sono state registrate due tendenze in Italia:

    • Crescita esponenziale degli investimenti su marketplace privati (20% del totale);
    • Crescita degli investimenti in formati video (18% del totale).

    I principi fondamentali del Programmatic Advertising possono essere riassunti in 3 caratteristiche:

    • Programmatico: tutte le fasi del processo avvengono all’interno di una piattaforma automatizzata;
    • Real-time: viene acquistata l’impressione nello stesso momento in cui è disponibile;
    • Data-driven: si trasforma la logica d’acquisto degli spazi pubblicitari. Si passa dall’acquisto dello spazio all’acquisto dell’audience.

    La previsione di crescita media del mercato del Programmatic Advertising a livello mondiale è di +36% / anno. Negli USA il 55% dell’adv video viene erogato tramite piattaforme di Programmatic Advertising e nel 2018 crescerà fino al 63%. Sempre negli USA l’85% dei publisher e il 72% degli advertiser usa il Programmatic Advertising.

    Il punto di vista delle SSP

    La base del Programmatic Advertising è l’intelligenza artificiale, ma la componente che consente di rendere efficiente una campagna pubblicitaria è senz’altro la capacità intellettiva dell’uomo. Sfruttare la potenza di calcolo dei PC consente all’uomo di essere maggiormente efficiente ed in grado di compiere attività in minor tempo. L’attività decisionale e strategica resta comunque esterna agli automatismi del Programmatic Advertising ed è fondamentale per la buona riuscita dell’azione pubblicitaria.

    L’obiettivo delle SSP è quello di rendere sempre più automatizzata la compra-vendita degli spazi e una delle attività principali consiste nello scambio di informazioni con le DSP.

    Fino al 2012 l’adv online si è sviluppata attraverso 3 canali principali:

    • vendita diretta degli spazi pubblicitari per mezzo dell’ufficio vendite;
    • network pubblicitari;
    • real-time bidding.

    Successivamente si sono sviluppati altri canali come i marketplace privati dove veniva iniziava ad essere utilizzato il modello del Programmatic Advertising.

    L’idea che emerge oggi è quella di portare tutti i canali all’interno di un’unica piattaforma che consenta ai publisher di gestire internamente i posizionamenti in modo automatico (anche quelli venduti dall’ufficio vendite).

    Il punto di vista delle DSP.

    La DSP è lo strumento principale usato dagli advertiser per pianificare le proprie campagne adv. Le DSP consentono al cliente o all’agenzia di inserire e pianificare in totale autonomia la campagna pubblicitaria all’interno della piattaforma.

    Le azioni di re-targeting che è possibile pianificare attraverso le DSP risultano molto accurate perché le DSP apprendono informazioni sugli utenti sulla base della loro navigazione sul web. Le informazioni provengono dai siti web dei publisher e vengono reperite attraverso i cookie. L’advertiser in questo modo acquisisce le informazioni di comportamento dell’audience e le può monitorare all’interno della piattaforma DSP.

    Inoltre, grazie all’utilizzo dei pixel di monitoraggio, installati all’interno del sito del sito dell’advertiser, gli utenti vengono ulteriormente profilati in base alle azioni effettuate sul sito e in base alle conversioni. In questo modo la profilazione dell’utente è massima ed è definita in base alla navigazione sul sito dell’advertiser e sugli altri siti monitorati. Molte DSP mettono a disposizione anche un crawler che analizza il sito dell’advertiser e tutti i pixel di monitoraggio installati, anche quelli di terzi (es. Google Analytics).

    Le DSP acquisiscono gli ad exchange (informazioni sulle transazioni) dalle SSP in modo da creare dei cluster in base al target. Inoltre acquisiscono informazioni socio-demografiche sul target usando anche strumenti di terze parti, attività che non risulta molto efficace in Italia a causa della scarsa quantità di delivery dell’annuncio pubblicitario che a sua volta causa un cambiamento regolare del target di riferimento a livello socio-demografico. L’analisi e l’acquisizione dei dati comportamentali attraverso i cookie risulta invece più efficace per il territorio italiano.

    Per una migliore efficienza e garanzia di pubblicazione, inoltre, le DSP siglano solitamente degli accordi con publisher e SSP così da poter pubblicare l’annuncio nel momento migliore.

    Il punto di vista delle DMP.

    L’obiettivo delle DMP è quello di massimizzare l’efficacia delle campagne pubblicitarie su piattaforme di Programmatic Advertising. La strategia condivisa dalle DMP è quella di sfruttare i dati per generare informazione di valore.

    Le funzioni principali delle DMP sono:

    • data collection: acquisire dati dall’esterno (visite in negozio, acquisto, mail, ecc.). I dati vengono riorganizzati dalla DMP, non occorre uno schema specifico;
    • data management: organizzare e gestire i dati;
    • data activation: utilizzare i dati mirando all’audience;
    • sincronizzazione con le DSP e con le SSP.

    Le DMP acquisiscono una moltitudine di dati:

    • dati di prima parte: dati di proprietà dell’azienda (owned media data);
    • dati di seconda parte: dati acquisiti dalla proprie campagne digitali (paid media data);
    • dati di terza parte: dati acquisiti da fornitori esterni (external data), per esempio Nielsen, Weborama, ecc.

    Le DMP riescono inoltre a reperire i dati anche dalle visualizzazioni degli annunci display. In questo modo sfruttano il numero di visualizzazioni fatte da un singolo utente per capire cosa ha visto e a cosa è interessato.

    Le DMP associano questi dati ad una persona, sfruttando:

    • l’identità del profilo;
    • gli eventi (visualizzazioni, click, ecc.).
    • Attraverso questi due elementi e grazie ai dati collezionati viene ricostruita una storia che viene associata ad un profilo.

    Le DMP cercano di qualificare i profili attraverso queste informazioni.

    Le DMP possiedono solitamente anche un motore semantico: tramite un crawler analizzano le pagine visualizzate dagli utenti profilati ed in questo modo (associando i profili/interessi alle pagine) suddividono le pagine web nelle 32 categorie IAB per individuare i temi trattati.

    Inoltre, il motore inferenziale delle DMP consente di desumere ed individuare tutti gli utenti che fanno parte di un determinato target, confrontandoli con un campione di riferimento già profilato.

    Le DMP si sincronizzano con le DSP utilizzando dei segmenti (utenti con caratteristiche comuni) che possono essere determinati attraverso 3 modalità:

    • Direct: attraverso i cookie;
    • Cluster: profilazioni socio-demografiche (es. donne di 25 anni).
    • Twin: estensione dei segmenti attraverso il confronto con un campione di utenti già profilati in modo diretto (es. registrati sul sito).

    Questi segmenti vengono usati successivamente nelle campagne delle DSP.

    La DMP è utile anche agli editori (publisher) perché consente di conoscere meglio gli utenti del sito. Si tratta di informazioni che è possibile vendere alle SSP (advertiser) che in questo modo acquisiscono più informazioni sull’audience.

    Circa il 40% degli utenti cancella i cookie, causando una “decadenza” del profilo. C’è da considerare comunque che i cookie tornano ad essere presenti alla prima riapertura del browser per cui il profilo si ricostruisce nel giro di poche ore.

    I trend del settore per il 2017.

    • Ad blocking: il 56% degli utenti utilizza tool per bloccare la pubblicità, per questo motivo la sfida degli advertiser è quella di creare pubblicità non invasiva in modo da tentare di invertire la tendenza.
    • Secure Ad Serving: il nuovo iOS 9 consente di bloccare la pubblicità ovunque all’interno del dispositivo.
    • Death of Flash: con il nuovo aggiornamento di Chrome Flash diventa definitivamente una tecnologia obsoleta. Il nuovo Chrome e il nuovo Firefox non consentono di visualizzare materiale multimediale in Flash, se non attivando questo manualmente.
    • Internal Ad Tech consolidation: nascono ogni giorno nuovi prodotti e servizi sempre più innovativi in merito all’adv. Per questo è necessario conoscere nel dettaglio l’evoluzione del settore.
    • Native advertising: l’adv deve essere contestuale e non invasiva. Questa è la risposta all’ad blocking.

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